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I Campioni dei “Valori”. Giovanni D’Innocenzo e la spiritualità della ginnastica

Si può partire lancia in resta contro la presenza debordante del “virtuale”, in un presente sempre più regolato dal codice binario della Rete? A rischio di passare per un laudator temporis acti, Giovanni D’Innocenzo vuole rimarcare la sua preferenza per le passioni reali, quelle che si possono costruire giorno per giorno, che nascono dentro di noi e fanno parte del nostro essere. “Non credo di fare filosofia – ci tiene a chiarire – quando cerco di far capire ai ragazzi dei “Valori nello Sport” quanto sia importante coltivare un sogno e impegnarsi per vederlo realizzato. Mi rendo conto che è più facile vivere una realtà immaginaria che costruirne una propria, e ritengo che questo sia uno dei problemi principali dei giovanissimi di oggi. Le loro fantasie spesso sono esogene, non endogene.” A quarant’anni D’Innocenzo ha ben chiaro in mente quello che è riuscito a capitalizzare dopo una vita dedicata allo sport e alla ginnastica artistica. “Non certo una posizione economica, che ritengo sia propria di poche discipline, o magari di qualche grandissimo campione, ma una crescita personale e individuale che di certo non avrei raggiunto per un’altra strada.” E puntualizza. “ La ginnastica artistica, forse in misura maggiore di altri sport di gruppo o di situazione, necessita di una grande autodisciplina e aiuta a sviluppare un profondo senso di autocritica. Sei tu con l’attrezzo, o semplicemente solo con te stesso; è un rapporto diretto che non ammette distrazioni o insincerità, e in fin dei conti segna il percorso verso una spiritualità più profonda. Almeno così l’ho vissuta nella mia esperienza di atleta.” Azzurro e olimpionico nella squadra dove brillava altissima la stella di Juri Chechi (Atlanta 1996), Giovanni ha amato l’esperienza a cinque cerchi, ma confessa che l’emozione maggiore l’ha provata in occasione della vittoria ai Giochi del Mediterraneo del 1997 a Bari. “Lo stadio pieno, tantissima gente, partecipazione e l’inno di Mameli ascoltato lì in mezzo, sul podio; è stato un momento indimenticabile. Non so cosa passi per la testa agli altri in un frangente così; a me non sono venuti in mente l’allenatore, la famiglia o la fidanzata. Pensavo all’Italia, nel senso di Patria ed ero felice di aver fatto qualcosa di importante per rendergli onore.” Ancora adesso la voce di Giovanni cambia tono nel rievocare quell’esperienza. “Che non è rimasta unica, fortunatamente. Magari la più bella, ma non l’unica. E quella sensazione, fisica e spirituale allo stesso tempo, te la dà solo il raggiungimento di un risultato, nello sport come nella vita. Qualcosa di duraturo, ma soprattutto di concreto”. (nella foto del 1997. GdM a Bari, Giovanni (primo da sinistra) con Bruno Malaspina e Sergio Luini)