
Guardano sfrecciare i runner etiopi e kenioti, fratelli di un’altra Africa che viaggia in jet per correre sulle strade di tutto il mondo. E pensano alla loro avventura, quella che li ha portati in Italia dopo un’interminabile odissea attraverso il deserto prima e il mare poi. “Sono stato due anni in Libia aspettando l’occasione per potermi imbarcare” racconta Alì nel suo migliore italiano, frutto di quasi un anno e mezzo di permanenza nel nostro paese. Lui, ventinovenne della Costa d’Avorio, è richiedente asilo come i suoi due compagni Mass (22) e Yankuba (19), provenienti da Mali e Gambia. Grazie all’interessamento del presidente Riccardo Viola, che domenica scorsa nel corso della giornata nazionale per l’integrazione dei rifugiati con il cricket, ne aveva concordato la partecipazione con i responsabili del Centro di accoglienza, sono venuti per correre alla Roma Fun indossando la Tshirt della stracittadina, anche se amano il calcio. Sognano Gervinho e Keita, i loro successi, la loro fama, come ogni ragazzo nato laggiù. Eppure sono diventati adulti troppo presto per lasciarsi andare a qualsiasi genere di fantasticheria. I piedi e la testa sono ben saldi al terreno e alla realtà. “Da noi c’era la guerra – chiarisce con un sorriso – e qui la battaglia è per il lavoro che non c’è.” No, non finiranno sui giornali o in tv come gli atleti famosi, quelli che ora sono sotto i riflettori dopo aver aver tagliato per primi il traguardo; per loro, come per altre decine di migliaia di persone arrivate stamattina ai Fori Imperiali, basteranno i social per condividere questa esperienza. Roma libera dalle auto ha risposto presente risplendendo in tutta la sua bellezza, mentre la corsa diventa subito un pretesto per godere tutti della giornata primaverile. Famiglie, gruppi organizzati, turisti e appassionati di ogni età ora sono concentrati al Circo Massimo, punto d’arrivo della 4 km. non competitiva. Per tutti c’è una medaglia, ricordo della partecipazione all’evento più partecipato nel giorno della Maratona del Giubileo, mentre ogni idioma in questo clima ideale si declina nel verbo della solidarietà e dell’accoglienza. Alì e i suoi due compagni girano incuriositi tra gli stand allestiti nella parte alta dell’arena e si sentono parte di questa festa collettiva. Oggi la capitale mostra la sua anima inclusiva e tollerante, e domani è un altro giorno. (nelle foto: Alì, Mass e Yankuba all'arrivo e con Cristina Chiuso, delegato CONI di Roma)

Si è svolta al Palafitarco di Roma la finale invernale dei Giochi della Gioventù 2016.
Con lo sguardo già puntato alla Finale Nazionale si sono svolte a Roma, presso il Palafitarco le finali invernali regionali 2016 del Trofeo Pinocchio.
Un folto gruppo di partecipanti/atleti , amici più che rivali, ma sportivamente scatenati si è misurato, supportato dalla puntuale organizzazione del Comitato Regionale Lazio e degli Arcieri Etruschi, soprattutto con l'obiettivo di andare a riempire le prime due caselle disponibili per la finale nazionale di giugno che si disputerà a Catanzaro.
Obiettivo questo raggiunto da Andrea Arnò (Arcieri di Santo Stefano) ed Alice Cortopassi (Caere Archery), ambedue vincitori nella classe Prima Media.
Vittoria e medaglia d'oro nelle rispettive classi per Francesco Galassi (Arcieri Arcoroma) e Bianca Piergentili ( DLF Viterbo) nella Seconda Media, Florian Giacomi (Hortinae Classes) ed Angelica Bonamici (Arcieri Torrevecchia) nei Giovanissimi.
Al termine della competizione ragazzi affaticati ma entusiasti e pronti a rinnovare la sfida con i prossimi appuntamenti a loro dedicati nella regione, primo fra tutti la finale del Trofeo Fabianelli in scena sempre nella struttura romana.

Il presidente della Maratona di Roma Enrico Castrucci ha accolto la richiesta del presidente del CONI Lazio Riccardo Viola il quale, dopo aver incontrato alcuni ragazzi ospitati presso le due strutture appartenenti al Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, si era adoperato per una loro partecipazione alla Stracittadina Roma Fun, che si correrà domenica 10 aprile a margine della Maratona di Roma. L’iniziativa permetterà a quattro ragazzi provenienti da Senegal, Costa d’Avorio, Mali e Iran, inseriti nel programma di inserimento del ministero dell’Interno, di correre liberi per le strade del centro storico assieme ad altre 80.000 persone, per quella che sarà anche la loro festa. “Abbiamo voluto rinnovare l’impegno che ci siamo assunti lo scorso anno, quando a partecipare furono alcuni ragazzi del C.A.R.A. di Vermicino, nei confronti dei più deboli e degli emarginati” ha dichiarato Viola.

Si parla spesso di sport usando il sostantivo “disciplina”, ma poche volte, come nel caso del tiro con l’arco, tale definizione risulta davvero azzeccata. Senza inoltrarci negli aspetti filosofici (zen) di uno sport basato essenzialmente sulla concentrazione, si può semplicemente affermare che noi stessi siamo il bersaglio e al tempo stesso siamo il nostro avversario. “Da quando pratico questo sport – ha confessato Manuela rivolta alle cinque classi prime, coordinate dalla professoressa Tania Dolce e riunite stamattina nell’aula magna dello storico istituto di via Giulia – il mio rendimento scolastico è migliorato.” La diciannovenne promessa dell’arco azzurro, che frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Roma, è stata la protagonista stamattina dell’incontro del progetto del CONI Lazio “I Giovani incontrano i Campioni”. Un titolo europeo lo scorso anno a Capodistria e uno nazionale indoor pochi mesi fa, entrambi di squadra, l’hanno lanciata nelle primissime posizioni del ranking, ma è lei stessa a spiegare che la strada che ha davanti è molto più lunga di quella percorsa finora. “Sono solo sette anni che pratico il tiro con l’arco. Ho iniziato da zero, mossa solo dalla passione. Quando il mio primo maestro mi ha preso da parte e mi ha detto "non ho più nulla da insegnarti", ne ho cercato un altro perchè volevo andare avanti. E ho notato che alla fine questo sport mi ha modificato anche nel carattere, smussando la mia naturale irruenza.”
Manuela Mercuri ha con sé gli attrezzi del mestiere, e li elenca pezzo per pezzo mentre li assembla. No, non si tratta delle frecce di Hunger Games, ma anche la fiction serve per stabilire un contatto con gli studenti. “Questo è un arco olimpico – spiega Manuela – ed è quello che uso in gara.” Qualcuno tra i ragazzi ha provato il tiro nei villaggi vacanze, e si muove con un minimo di cognizione, ponendo domande mirate. Gli altri si lasciano portare per mano dal racconto. Come hai iniziato? Quanto ti alleni? Perché non vai a Rio? L’attenzione rimane costante per le due ore dell’incontro. Il tiro con l’arco abbatte le barriere. In tempi in cui si parla sempre più di sport integrato, qui siamo un passo avanti perché le competizioni con normodotati e disabili sulla stessa linea di tiro esistono da tempo. Non serve la forza, serve la testa. Talvolta possono addirittura non essere indispensabili le braccia, perché si può scoccare la freccia con la bocca. Qualcuno lo fa. Quello che può sembrare impossibile, con la determinazione diventa praticabile. E questo è un assioma che vale nello sport come nella vita.

Si è svolto stamattina nella sala Conferenze dello stadio Olimpico un incontro organizzato da Coni Lazio, Scuola Regionale dello Sport e Ufficio Scolastico regionale con gli istituti scolastici statali e parificati del Lazio, per raccogliere feedback sull’andamento del corso di studi a “indirizzo sportivo”, giunto al secondo anno di programmazione. La chiamata a raccolta, con l’intenzione di “fare squadra” e contribuire così “alla formazione di dirigenti e docenti” è stata raccolta da 18 dei venti istituti della nostra regione. Tra le ipotesi a supporto della formazione didattica: approfondimenti sulla storia dello sport, il funzionamento dell’organizzazione sportiva italiana, le dinamiche della comunicazione sportiva e le metodologie di allenamento.
Per il Coordinatore regionale dell’Ufficio scolastico regionale Tonino Mancuso: “L’incontro di oggi è finalizzato a capire soprattutto le esigenze dei licei, sensibilizzando i suoi docenti, in maniera che si possa partire al meglio all’inizio del prossimo anno di scolastico”. “Non potendo aumentare il numero degli istituti – ha proseguito – faremo in modo di ampliare le sezioni dedicate allo sport.”
Da una prima indagine, effettuata a giugno dello scorso anno dal MIUR su scala nazionale, sono emersi dati positivi come la domanda in crescita e alcune criticità, legate soprattutto alla difficoltà di accesso alle strutture sportive e al rapporto con gli enti preposti alla divulgazione della pratica sportiva, come federazioni ed enti di promozione. Di qui la necessità di un dialogo organico e interistituzionale per facilitare il percorso didattico degli studenti che scelgono questo corso di studi. “Un aiuto pratico – ha chiarito Roberto Tavani - lo metterà in campo la Regione Lazio con il progetto “Scuola di Squadra” che ha destinato agli istituti secondari di II grado un milione di euro in attrezzature sportive; mentre sembra imminente ormai il bando per l’impiantistica che prevede lo stanziamento di 20 milioni in tre anni per il rifacimento delle palestre con il 90% a fondo perduto.
“Ci stiamo attestando intorno al 27% del tempo dedicato da queste scuole alla professionalizzazione dello sport – ha spiegato il direttore scientifico della Scuola Regionale dello Sport del Lazio Roberto Tasciotti – soprattutto per interpretare le esigenze del mondo del lavoro. Il nostro compito è quello di accompagnare i diplomandi nella rete sportivo/istituzionale.”
Nella sua lunga e dettagliata relazione, il dirigente ispettore tecnico del MIUR Gennaro Palmisciano ha evidenziato l’importanza dei monitoraggi svolti finora, del cooperative teaching (tempo in percentuale declinato allo sport per ogni disciplina) e delle indicazioni emerse (la visione di un liceo transdisciplinare e l’introduzione del brevetto sportivo da impiegare nel mondo del lavoro). Attualmente le 165 sezioni “sportive” dei licei sparsi sul territorio nazionale sono composte per tre quarti da ragazzi e solo per un quarto da ragazze. In compenso le femmine coprono una gamma di sport molto più ampia dei loro colleghi maschi, che per quasi il 50% sono occupati nel calcio.
Nello spazio dedicato agli interventi hanno preso la parola i rappresentanti del Giovanni Paolo II di Ostia, portando ad esempio la collaborazione avviata con la AS Roma come possibilità di sbocco anche lavorativo; del Pacinotti-Archimede di Roma, evidenziando la necessità di un’alternanza scuola/lavoro (prevista dalla legge attuativa) che soddisfi le esigenze degli studenti; del liceo Severi di Frosinone, che ha sollecitato una collaborazione più stretta tra istituti scolastici e società sportive professionistiche; del Fermi di Velletri, che ha proposto il riconoscimento di un monte ore di tirocinio sportivo che valga a livello lavorativo alla fine del percorso scolastico e del Convitto nazionale di Roma, che ha sollecitato ancora una volta un rapporto più fattivo con due sport inseriti dal decreto attuativo nel biennio formativo del corso di studi, atletica leggera e orienteering.