
“Un campione è una persona normale.” Le parole, scandite chiaramente, planano da un’altezza di 203 centimetri sulla platea di alunni dalle classi prime della SMS “Elsa Morante”, nell’ex I municipio. La scuola dispone di un campo di basket e uno di calcetto, e un affaccio desolante su una voragine coperta di sterpi ed erbacce, dove fino a pochi anni fa resisteva lo storico campo Testaccio, teatro di gesta epiche della AS Roma anteguerra. La ferita ora è lì, come un ammonimento per le istituzioni cittadine, e a nulla finora sono valse le proteste di chi ha visto, giorno dopo giorno, il degrado divorarsi uno dei simboli sportivi di questa città.
Gli studenti presenti all’incontro di oggi dei Valori nello Sport, cercano di inquadrare l’ospite che sta parlando della sua avventura nel beach volley, rimanendo talvolta spiazzati dalla semplicità con la quale gli argomenti si incastrano tra loro, convogliando alla fine in una verità molto semplice: “non si prova niente di particolare nell’essere un campione, vincere tornei, eccellere nella propria disciplina. E’ il mio mestiere, ma in fondo è una condizione che riguarda anche voi. Magari a casa, ubbidendo ai vostri genitori, o a scuola, prendendo buoni voti e mettendo passione in ciò che fate.” Paolo Nicolai è ortonese, ha iniziato a giocare a beach volley a 18 anni (oggi ne ha 25), e dopo due mondiali U.21 vinti, nel 2012 insieme al romano Daniele Lupo ha raggiunto uno storico quinto posto alle Olimpiadi di Londra. E’ accompagnato dal suo allenatore, il CT Paulao, un brasiliano dalla battuta pronta e lo spirito allegro. “Rio 2016? Si va per una medaglia. Giocare in casa? Non più, ora la mia casa è l’Italia.” Con il delegato Coni Alessandro Fidotti nella veste di moderatore, si smistano le domande come i palloni in allenamento, in una sequenza continua. Come ti senti dopo una sconfitta? “Mai buttarsi giù. E’ la reazione più facile, ma anche la più sbagliata. Come esaltarsi dopo una vittoria.” Più difficile attaccare o difendere? “Attaccare è più bello. Difendere più complicato, perché ogni azione è differente e devi essere pronto a tante soluzioni – chiarisce Paolo, che in gara può “murare” l’avversario fino a 3,60 metri - La difesa è soprattutto testa.” Il tuo sport preferito? “Il basket NBA, che ho imparato a conoscere durante un lungo soggiorno negli USA.” La stagione del beach volley sta per ripartire, e già il 20 aprile il World Tour raggrupperà i migliori giocatori del mondo a Pechino. Lui sarà ancora in coppia con Daniele. “Insieme ci siamo tolti tante soddisfazioni.” La più grande? “Di sicuro la vittoria negli ottavi alle olimpiadi contro gli americani, i campioni in carica.” Ma come si fa a mantenere la solidità di sport di coppia? “Come per qualsiasi rapporto a due, anche nello sport si cerca di evitare al massimo gli screzi. Soprattutto quelli fuori dal campo. E poi la fiducia. Quella non deve mancare mai.”

Antonio Candreva
“La stagione più importante della mia carriera.” Non usa mezzi termini Antonio Candreva, intervistato dalla Rai durante la consegna del Premio Coni Lazio, per definire il suo 2013 con la maglia della Lazio. Quarantanove presenze nella stagione passata e sette gol, spesso decisivi per il centrocampista romano che oggi stimola gli appetiti di molti club, in Italia e all’estero. Nel frattempo ha conquistato un posto speciale nel cuore della tifoseria biancoceleste, che all’esordio nel febbraio 2012 non aveva esitato a contestarlo, per una fin troppo nota simpatia verso i colori giallorossi. Una contestazione alla quale Candreva ha messo la parola fine con un rendimento eccezionale. Decisivo nel derby di andata del campionato scorso, vinto dalla Lazio 3-2 (suo il gol dell’1-1), cosi come nel successo nella finale di coppa Italia del 26 maggio (il gol di Lulic fu propiziato da un suo cross, respinto malamente da Lobont); oggi l’esterno di Tor De Cenci è una pedina inamovibile per Reja, da sempre suo estimatore, ma lo sta diventando anche per il CT azzurro Prandelli, che dopo averlo convocato per la Confederation Cup, sa di poter contare su quelle che sono le sue doti migliori: velocità, potenza e capacità di interdizione, anche per il prossimo mondiale brasiliano. (foto Tedeschi: Antonio Candreva, primo da sinistra, Felice Pulici, Andrea Moretti, Nicola Zingaretti e Riccardo Viola) 4. continua

La SMS “Severino Fabriani”, insieme alla succursale Magarotto di via Nomentana, è la sola sede romana dell’ISISS (Istituto Statale di Istruzione Specializzata per Sordi). Basterebbe questo per rendere il senso dell’eccezionalità dell’appuntamento di ieri, inserito nel progetto dei “Valori nello Sport”. In realtà c’è stato molto di più, a iniziare dalla scelta del protagonista della giornata. L’ex calciatore Felice Pulici, da poco più di un anno nella giunta del Coni Lazio, ma ormai da tempo impegnato con la Federazione Sport Sordi; una collaborazione che dura tuttora, per la quale ha seguito un paio di edizioni delle Deaflympics, anche nella veste di Commissario Straordinario. Pulici, che ha conservato la serietà e il professionismo che ne fecero a suo tempo una bandiera per la tifoseria biancoceleste, ha abbracciato con passione questa nuova avventura, seguendo un corso pluriennale per imparare la lingua dei segni e calarsi completamente nella nuova realtà. Questo è il resoconto del suo incontro con i ragazzi della “Severino Fabriani”, il primo in assoluto per i “Valori” in una scuola integrata, reso possibile grazie alla sensibilità della direzione scolastica.
Si può fare sport insieme, udenti e non udenti – chiarisce Pulici sovrapponendo le mani per sottolineare il concetto – questo è quanto si propone la Federazione, che ieri era rappresentata dal Presidente Guido Zanecchia, dalla dott.ssa Paola Valli, ex pentatleta e dal dott. Fabio Gelsomini, tecnico del settore basket. Nella scuola si praticano calcio e pallacanestro, ma le possibilità di integrazione sono potenzialmente molto più ampie. Perché il calcio ? ha chiesto qualcuno. “In provincia, ai miei tempi, non è che le scelte fossero poi tante”. E la decisione di fare il portiere? “Beh, si sa che il portiere e il centravanti sono i ruoli più ambiti”. Come si diventa famosi? “Costanza, sacrificio, allenamenti e fortuna. Non necessariamente in quest’ordine, e in dosi variabili tra loro.” Cosa sognavi da ragazzo? “Un pallone di cuoio, di quelli con la camera d’aria. Quando lo ricevetti in dono, mi sembrava il regalo più bello del mondo. La mia era una famiglia povera, e io ovviavo alla mancanza di un pallone con degli stracci arrotolati. Quando finalmente ne ebbi uno vero e tutto mio, ci andavo anche a dormire. Ma il sogno durò solo un giorno, perché quello successivo il pallone finì sotto un autobus e scoppiò. Dapprima mi disperai, ma decisi di non dire nulla ai miei. Riempii nuovamente quel guscio ormai floscio con degli stracci (ancora), continuando a giocare con quella cosa così riadattata. In fondo, l’importante per me era di avere un pallone tutto mio.”

MARCO CALVANI
Gentile Presidente,
sono stato informato del Premio che il Coni Lazio, nella Sua persona, ha deciso di destinare al sottoscritto. Purtroppo a causa degli allenamenti che avrò oggi pomeriggio e domani mattina in vista della partita di domenica prossima a Barcellona, sono impossibilitato nel poter partecipare e ritirare il Premio personalmente. La ringrazio ulteriormente per la Sua comprensione e disponibilità. Sarà mia cura venirLa a trovare e ringraziarLa personalmente appena rientrerò a Roma. Sono ovviamente orgoglioso che il Coni abbia deciso di assegnare questo Premio alla mia persona, Premio che vorrei condividere con tutti i giocatori, lo staff tecnico-manageriale-sanitario-organizzativo, l'ufficio stampa, il Presidente Toti e la Società tutta della Virtus Roma che ho avuto l'onore di poter allenare nella passata stagione. Colgo l'occasione per porgerLe cordiali saluti. Marco Calvani
Un amico non più giovanissimo, per giunta piuttosto distaccato dalle vicende cestistiche, o meglio, dagli avvenimenti sportivi in genere, durante una conversazione, con mio sincero stupore, mi chiede: “allora, ce la fa il Banco a riportare a Roma lo scudetto?”. Non riuscivo a capire se la mia sorpresa fosse da attribuire a questo suo improvviso interesse, o piuttosto al gap temporale che la domanda stessa conteneva. La discussione, infatti, si svolgeva non più di un anno fa (e non trenta), ma il Banco di cui parlava il mio amico era senza dubbio l’Acea Virtus, la squadra guidata da Marco Calvani. Un lapsus del tutto giustificabile, considerando l’atmosfera di grande partecipazione collettiva (e colma di aspettative), che i giallorossi erano stati capaci di costruire nel corso della stagione scorsa, fino alla disputa delle finali-scudetto.
Alla fine Siena si è rivelata più forte; forse più squadra, di certo più abituata alle grandi sfide, ma non è questo il punto. Il punto è che dopo tre decadi la Capitale stava vivendo di nuovo un sogno legato al basket, e per molti il Banco Roma di Gilardi si confondeva, tra passato e presente, con la Virtus Acea di Datome. Questo, aldilà del secondo posto finale dei ragazzi di Calvani, è a mio avviso il merito più grande di una Virtus, costruita a inizio campionato per ricoprire al massimo un ruolo da outsider, non certo di protagonista.
Da un giallorosso all’altro, la scelta di coach Calvani di intraprendere quest’anno una nuova avventura; stavolta lontano da Roma, ma non così tanto se si confronta il tifo e il calore della gente, sulla panchina della Sigma in Legadue. A Barcellona Pozzo di Gotto, capitale del basket siciliano, il tecnico romano ha ritrovato Antonello Riva, ma soprattutto un progetto su cui lavorare, una sfida avvincente e fiducia incondizionata da parte della società. Di certo non migliorerà il suo inglese, ma nella vita, per capirsi, a volta basta un gesto, o una semplice stretta di mano. (foto Tedeschi: Matteo Calvani, tra il presidente della Commissione Sport della Regione Lazio Eugenio Patanè e il presidente della FIP Lazio Francesco Martini, ritira il premio Coni Lazio per il papà Marco) 3. continua

Profonda emozione stamattina nella storica sede della Scuola Media E.Q.Visconti di Roma in occasione de “ I VALORI NELLO SPORT”, il progetto del CONI Lazio che prosegue nella sua corsa itinerante in tutta la regione. L’istituto capitolino, sotto l’attenta regia del prof. Paolo Magrini, ha ospitato infatti due grandi donne di sport, Paola Protopapa, atleta paralimpica, oro a Pechino nel canottaggio e plurimedagliata anche in discipline come la vela e lo sci di fondo, e Federica Lisi, palleggiatrice per ben dieci anni nella serie A di Pallavolo e vincitrice di una Coppa Europa a soli 17 anni nel 1993. Alunni e corpo docente hanno seguito con attenzione crescente non solo il racconto della loro vita sportiva, ma anche del percorso umano che le ha contraddistinte. La Protopapa, 48 anni, quando era già un’atleta affermata, fu vittima a venti anni di un terribile incidente stradale che la costrinse a restare due anni in ospedale, ma senza intaccarne la vitalità e la determinazione nel proseguire la carriera sportiva; Federica (38 anni), che aveva lasciato il volley per sposare il famoso cestista Vigor Bovolenta (ben cinque i figli della coppia), ha perso il marito due anni fa per un infarto occorso durante una gara. Entrambe hanno sottolineato come lo sport, con i suoi sacrifici, il rispetto delle regole, la disciplina mentale che impone e la capacità di reagire, abbia insegnato loro la capacità di contrastare il dolore, un argine contro il destino che avrebbe potuto travolgerle. Hanno raccontato di sé sorridendo, hanno parlato del ruolo della famiglia nelle loro scelte, l’importanza di studiare anche facendo sport, del rispetto che uno sportivo deve agli altri a se stesso, della forza di volontà da mettere in campo contro le avversità. “Ricordatevi”, hanno detto all’unisono, “che lo sport è una metafora della vita, e prima o poi dovrete superare gli ostacoli. Ognuno ha la sua montagna da scalare, piccola o grande che sia; fare sport, accettarne le regole e riconoscendone i valori veri, aiuta nelle competizioni quotidiane”. E ancora: “siate sempre voi stessi, scegliete con la ragione, ma anche con il cuore; agite con libertà e senza cercare scorciatoie”. Parole dure quelle usate contro il doping e il bullismo, in risposta alle domande dei ragazzi e degli insegnanti. Tanti gli argomenti toccati dagli alunni; da come la tecnologia aiuti gli atleti, in particolare i paralimpici, ai sacrifici che lo sport ha richiede a chi lo pratica; dalla differenza tra lotta per il potere e competizione sportiva alla cultura dell’accettazione dei diversi nel nostro Paese. Molti i momenti toccanti, come la testimonianza di un ragazzo che ha un fratello divenuto disabile per un incidente (“mi emoziono quando lo vedo fare progressi e oggi sono io che devo imparare tanto da lui”); la lettura di un passo del libro di Federica Lisi NOI CON CI LASCEREMO MAI scritto insieme alla sorella di Jovanotti, Anna Cherubini, mentre scorrevano le immagini del BOVO DAY, e durante il filmato di Paola Protopapa, con l’indimenticabile oro di Pechino. Finale con una piccola conviviale di saluto sulla magnifica terrazza della scuola, affacciata sul Foro di Traiano. Erano presenti all’incontro l’Assessore allo Sport del I Municipio Emiliano Monteverde, il Delegato CONI di Roma Alessandro Fidotti che ha moderato l’incontro, la Prof.ssa Stefania Nicotra della Scuola Regionale dello SPORT CONI Lazio, la vicepreside Zaccardelli, il presidente del Consiglio d’Istituto Mattera e Nereo Benussi, fiduciario CONI del VII Municipio.